Mi irriti, Cortázar. C'è poco da fare, mi irriti. Mi irriti perché hai l'idea fissa che il mondo sarebbe migliore se popolato da scemi, ossia da eterni bambini che mettono cravatte a forma di ippopotamo o scarpe di colore diverso, che poi sarebbero artisti, alla fine. Mi irriti con questa idea di artisti che devono essere dei disadattati capaci di inventare, come Archimede Pitagorico. Mi irriti: per me l'artista ideale, che poi non si chiamerebbe artista nemmeno nel peggiore dei mondi, tanto l'hai contaminato, non da solo, con questa idea che debba essere un disadattato cronico capace di inventare gag, dovrebbe essere un burocrate timoroso e lavoratore: onesto, puntuale, buon debitore, uno che paga i conti del pizzicarolo in tempo, uno che ha un lavoro, appunto. Ecco, perché vorrei che un artista, anzi, chiamiamolo un coso, ecco, vorrei che un coso fosse come me, in quanto così anche io sarei un coso, anzi: non sarei un coso ma avrei tratti in comune con un coso e un giorno non dovrei cambiare abitudini per diventare un coso. Oltretutto io non vorrei mai diventare un coso: vorrei restare un allegro argomentatore rompicoglioni, uno affidabile, uno che non è mai stato inseguito dal pizzicarolo (non so perché, i cosi forse ce l'avranno coi pizzicaroli, che mi accanisco anche io con loro?). E soprattutto, fossi un coso che suona, invece di un coso che compone, anzi, di un compositore, non di un coso, non farei mai bis, non strizzerei l'occhiolino al pubblico, sarei un coso competente, equilibrato. Mi irriti perché non solo, Cortázar, io non sono un coso disadattato, ma addirittura non sono un coso adattato. Mi irriti perché mio padre non sapendo che regalarmi fin dalla più tenera infanzia mi ha regalato, Cortázar, i tuoi libri, che andavano di moda negli anni Sessanta, prima che io nascessi già sapeva che mi avrebbe regalato, dieci anni dopo, i tuoi libri, Cortázar, e mio padre si è fermato agli anni Sessanta: è un coso degli anni Sessanta, che ha dei cosi le tue stesse idee, Cortázar, fanciulli incapaci scagliati in un mondo da contemplare a occhi aperti per la meraviglia, Cortázar. E invece il mondo è monotono, destinato a perire, e popolato da pochissimi cosi degni di questo nome, e da tanti disadattati che si credono cosi, anche per colpa tua, che mi irriti. E mio padre, che ciononpertanto è un coso, continuerà a pensare che sei un prodotto di nicchia che si può regalare impunemente, e il giorno che morirà i tuoi eredi subiranno un piccolo tracollo, Cortázar, e mi dispiacerebbe, perché io ho tutti i tuoi libri regalati da mio padre, che addirittura mi piacevano quando ero piccolo, quando anche io pensavo a quindici anni che potevo essere un coso disadattato, e invece ero disadattato ma nel senso opposto del disadattamento del fanciullino, bensì nel senso del burocrate in pectore che è entrato in ufficio troppo prima dei suoi colleghi, figuriamoci dei disadattati veri. Bisogna che regoliamo i conti, Cortázar, tu mi irriti, con il tuo jazz, il tuo dadaismo, e le tue infinite reminiscenze letterarie, metafore, sinestesie. L'esattezza, altro che questo magone argentino che mio padre ha in comune con te e che ha adottato per moda, probabilmente, se non fosse che allo stesso tempo tutti gli argentini lo adottavano per moda e dunque tutti sono stati irritanti. In realtà tu sei stato un coso, ma sistematizzare i cosi è meglio evitare: perché per ogni Lautréamont c'è un Italo Svevo, perché poi stamattina sentivo un burocrate parlare della nostra Sala degli affreschi, con la loggia chiusa decorata a grottesche e l'affresco al centro con la Regina di Saba, e mentre parlava dell'esattezza della linea tanto esile che quasi ambisce a non esserlo, a negarsi, e delle figure tridimensionali che però si muovono dove non c'è uno sfondo, del manierismo, della perdita di unità a favore della molteplicità, io ho cominciato ad apprezzare per la prima volta dopo tre anni quella stanza, quelle grottesche, e la Regina di Saba sembrava che con quelle grottesche, quelle tigri, quei festoni, avesse aperto il sacco dei doni per Salomone, ma fuori del quadro: così da far intuire a Salomone un mondo di fiere, di meraviglie orientali, dove il caos e la saggezza possono darsi una mano, dove la ricchezza è multiforme, dove c'è sempre qualcosa più a sud e più a est: e questo grazie a uno che voleva fare il coso, come violoncellista, poi come architetto, e adesso fa le visite guidate ai babbioni in modo puntuale, preciso, arrivando in anticipo, rispettando i tempi. Mi irriti, Cortázar, però mi fai riflettere. E questo, in un mondo di cosi che ti fanno perdere le serate a ascoltarli invece che a riflettere, non è poco pregio: fa di te, quasi, a dire il vero, un coso affidabile cui mandare un messaggio.
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