martedì 23 luglio 2013

Smorzeranno li lumi, e bbonasera


Emettere giudizi è la cosa che mi viene meglio da quando son nato. Alla fine, la maledizione materna, come tutte le maledizioni, si avvera. Tu potresti fare il critico, mi diceva, con inconsapevole dimestichezza della radice linguistica. E così sono finito a fare il correttore di bozze, il sadico correttore di bozze che prende cantonate. Faccio il morto nell’Adriatico, mentre ci penso. Anzi, no, menzogna: vado a piedi verso l'Adriatico, questo bagnapiede con correnti impreviste: una mattina vento da terra, ti trovi in Croazia con due bracciate, un'altra volta dal Conero, oppure dal versante opposto, dal Monte san Bartolo, e tu nuoti (ho l'impressione, perché il giudice è ipocondriaco, che nuotare mi faccia perdere l'udito, oppure è la recitazione della Golino, oppure il ronron della lavatrice in questo appartamento che è una volta e mezza quello in cui vivo di solito) e in un quarto d'ora di furiose, ancorché scoordinate, bracciate, ti trovi sempre nello stesso punto - e quando poi rinuncio, mi abbandono, la corrente mi riporta indietro senza sforzo: tutte correnti trasversali, infide, di taglio, il minax Hadriaticus domato da questi filari di scogli interminati, da qui ad  Ancona, e oltre, fino ad Ascoli, a Termoli, finché ci saranno signore con adipe che immagineranno che camminando mezz'ora lentissimamente ma gagliardamente con l'acqua a mezza coscia smaltiranno tutti i figli, le amarezze, i pranzi dalla suocera, le ricorrenze che non sono state ricorse, le telefonate non telefonate. Altra cosa il Tirreno: scirocco, o maestrale, spesso, che ti riporta a casa ogni volta che ti allontani. Magari morto, ma ti riporta a casa. Qui invece mi sembra che potrei essere trascinato dove non voglio, come il patrono della mia città ben sapeva. Ma stasera nulla si muove. Vedo solo un cerchio che ricorda (il giudice è ipocondriaco) la mia retina accartocciata, o possibilmente accartocciata dopo i trecento colpi di laser ogni quarto d'ora e un quarto d'ora ogni settimana. Ho emesso giudizi equanimamente in tutti i campi: dalla letteratura all'abbigliamento al calcio, e dio sa quanto poco mi intenda di tutto: ma del resto ero in anticipo su quest'epoca di ciarlatori, e io, che mi sono sempre tacciato, vantato, d'inattualità, invece ero in anticipo, io scrivevo le lettere al direttore a tredici anni (una particolarmente riuscita al direttore del Guerin Sportivo, per lamentarmi del voto dato a Giannini in uno Svezia-Italia: mai inviata, comunque l'anno prima avevo chiamato la Gazzetta per spezzare una lancia a favore dei calciatori sul viale del tramonto), io giudicavo, implacabilmente, ero un grillino arcigno e malmostoso, e adesso, in un evo in cui tutti giudicano, e sono letti, cosa che a me non capitava, ora giudico tacitamente, o a cena, o al telefono, o sulle bozze. E mentre sono lì, il rombo dell'Adriatico, sommesso, sciabordante, penso che potrei aver sbagliato tutte le correzioni, e ora è tardi: e per questo, e altre cause che non c'entrano, domani potrei perdere il lavoro, e non tornare più sull'Adriatico a fare questa vita mista villaggio-vacanze/filologia, con la filologia che assomiglia sempre più a un'illusione. E allora, senza la paghetta, come farò con i miei lussi da compositore? le mie vacanze e i miei giudizi sommari costano: soprattutto questi ultimi.  Non che sia intollerante: sono un ottimo giudice, imparziale, non mi faccio corrompere. Ma ogni giudizio è un arbitrio, specie perché è volatile, un secondo dopo c'è il nulla, così come l'ombra dell'Ardizio insegue il mio telo da bagno fino a superarlo, diretta a sud. Domani mi sveglio alle sei per salvare il salvabile, ma che cosa bisogni salvare, non sappiamo. Non certo la messa di cui facciamo l'edizione - che non sarà fatta costringendoci alle dimissioni, al maelström. Sarà un peccato. È stato un privilegio immeritato quello di sfiorare, accarezzare, la dedica dell'ultimo peccato mortale del Grande compositore, pur coi guanti e contando i bifolii. Non ero da solo, avrei baciato quelle righe, invece le ho accarezzate rimettendo a riposare il manoscritto, ripetendo, non ho dubbi, i gesti fatti negli ultimi centocinquant'anni da affaristi e amatori, da parenti e legatari e restauratori. Poca scienza, un po' di cuore, tutto qui. 

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