Neanche un po' di pathos, di lacrimucce: niente. Vado via dalla casa più invidiata del mondo come un ladro, nemmeno nella notte, acciuffando oggetti alla rinfusa e mettendoli in bustone. Fiale per capelli (eppure di capelli ne ho tanti), auricolari che non si sa se funzionino, la guida del lazio, deodoranti, un programma di sala, il corridoio silenzioso, gomitoli di polvere, le voci della scema e del fidanzato (sorprendentemente bello, devo dire) attutite dietro la porta della camera. Mi sorprendo a pensare a Bersani: lo vedo talmente privo di carisma che quasi quasi lo voterei, ultimamente è in discesa libera, antiretorico, sbaglia i tempi della climax ogni volta che prova a suscitare entusiasmi. Che tenero, Bersani, mi dico mentre urto le pareti dell'ascensore laccato di rosso che anch'esso ha subito i miei assalti erotici; e così i divanetti (chissà che fine ha fatto l'americano-greca, o Priscilla... e poi penso a Sabrina, sul divano, la prima volta: ricordo doloroso, Sabrina, che mi odia solo perché, dopo averci fatto l'amore, mi ero accorto che tra noi non funzionava proprio lì: e che fare, che dirle? Sabrina, ti è andata bene: dai retta). Così, con simile antiretorica, discendo e non saluto Antonio, che tanto dopo le cinque è già ubriaco e non riconoscerebbe nemmeno la sua amata Peroni, oppure il semi-barbone che faceva Sgarbi quotidiani e che gongola quando gli chiedono della sua prossima comparsata in tv. L'autunno mi si rovescia addosso come un guanto slabbrato: piove, i bengalesi che non vedrò più così spesso mi assaltano offrendomi ombrelli che non prenderò. Ho sottovalutato l'assenza di quei mobili, di quelle campane, del cannone del Gianicolo? Minchiate, borbotto mentre disfo un paio di malleoli turistici con il raccoglitore delle bozze rossiniane che fa protuberanza. Vivo la giornata in una sorta di tensione sessuale latente che, mi illudo, visto che non potrò scaricarla per tutta la settimana, costretto in casa di mia madre e con il pisello scorticato dall'ultima violenta mischia con la bionda letterata, mi aiuterà a scrivere brandelli dell'opera che, in realtà, non voglio scrivere fino in fondo. Ma è un'altra tensione: invitus invitam scribebo. Il mio intervento a casa di mia madre fa sì che lei non possa più vedere La7 in salotto, il che causa sulle mie innocenti spalle una sequela di geremiadi: oh lei tapina. Ma so che sono ill-fated con la tecnologia, anche quella elementare che dipende da Monte Cavo o Monte Mario, lì, all'orizzonte. Ritorno alla mia cameretta, che è per inciso il doppio della camera che lascio. Sono disperso, senz'ancora. Autunno, inutile autunno, non ti do ancora vincente; al massimo, piazzato.
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